Il “Circolo del Levriere Italiano”, che poi prese il nome attuale di “Circolo del Piccolo Levriero Italiano” nasceva a Roma, sotto l’egida dell’ENCI, il 21 novembre del 1956.
L’associazione, senza scopo di lucro, si prefiggeva l’obiettivo, come da Statuto, di tutelare, incrementare e diffondere, migliorandola, la raffinatissima razza italiana le cui lontanissime origini mediterranee risalgono al 3000 a.C. Quel 21 novembre del ’56 (anno in cui la quota annuale di un socio ordinario era fissata in £ 3000) erano presenti in Via Cassia 1402 i primi quindici soci di un sodalizio che, con l’impegno disinteressato degli appassionati cultori, avrebbe percorso, ad oggi, oltre mezzo secolo di cammino, al fianco di una delle razze canine più antiche, più singolari ed esteticamente definite che l’intero panorama cinofilo conosca.
All’unanimitàe per acclamazione veniva eletto quel giorno Presidente del Circolo, il Prof. Roberto Papini ed il consulente tecnico nella persona del conte Brasavola de’ Massa. Veniva sottoposto ai Soci un progetto di standard che ancora oggi, salvo pochissime modifiche, si può annoverare fra i più puntuali ed esaurienti: ne era la principale artefice la Marchesa Maria Luisa Incontri Lotteringhi della Stufa, la più grande esperta della Razza in tutti i tempi.
Per monitorare l’andamento del Piccolo Levriero Italiano e lo stato di salute del suo allevamento, i Soci si impegnavano a relazionare periodicamente sul proprio operato, come risulta al punto 4 del verbale d’Assemblea del 28 febbraio 1957.
Era cura del consiglio direttivo del Circolo scegliere i giudici graditi per Speciali e Raduni, il loro numero non era elevato, ma la professionale competenza ce li fa riconoscere ancora oggi come gli ineguagliati Padri della nostra cinofilia. Sono sufficienti i loro nomi per rivedere i Giganti che hanno fatto la storia italiana: il professor Solaro, il dottor Cajelli, il conte Brasavola, i dottori Pesce e Granata.
La cinofilia nazionale di allora non poteva certo vantare i grandi numeri di quella odierna, ma era animata da autentico entusiasmo, tanto che a quelle preziose figure si deve ancora oggi rispetto e riconoscenza.
È per il piacere di un doveroso omaggio che si vuole ricordarli tutti, uno a uno: Giulia Ajò Montecuccoli degli Erri (All. “Peltrengo” 1930), Paola Cotta Ramusino ( All. “Rocca Petrella” 1955), Elena e Maria Davico di Fruttengo ( All. “Salabò” 1950), Irmgard Bianchi Muller ( All. “San Siro” 1950), Antonio de’ Buzzaccarini ( All. “ Selvazzano” 1951), Celestino Frigerio ( All. “Solcio”1950) e Maria Luisa Incontri Lotteringhi della Stufa ( All. “ Calcione” 1953).
Fu encomiabile il loro lavoro non solo per il materiale che indirettamente ci consegnarono, ma anche per le esili fonti cui dovettero attingere per fissare i loro prodotti. Basti ricordare che erano solo sei i soggetti esposti a Milano e Novara nel 1901 (cani nati tra il 1892 e il 1900).
Solamente due ne venivano presentati a Torino nel 1902 e addirittura uno, l’anno seguente, ad Udine. Si dovrà giungere al 1923 per cominciare ad ampliare il nostro parco cani con le prime importazioni di “Peltrengo”, allevamento all’avanguardia per larghezza di vedute e qualitàdei soggetti prodotti, senza dimenticare il grande lavoro del Conte Emilio Cavallini che a Solcio di Lesa allevava la Razza con grande impegno già da diversi anni.
Nel 1926-27 ben quarantacinque Piccoli Levrieri vengono iscritti al Libro Genealogico dell’allora Kennel Club Italiano (oggi ENCI), di cui diciassette importati e ventotto nati in Italia.
È forse arduo, per noi oggi, anche solamente immaginare le difficilissime condizioni in cui furono costretti ad operare gli appassionati dell’epoca, in questa sorta di preistoria delle razze riconosciute.
Dovevano dunque attendere almeno il secondo dopoguerra per vedere orgogliosamente rialzarsi il capo chino della nostra e di tutte le altre razze, fiaccate dalla più immane tragedia che l’Umanità ricordi. Quando nel 1951 arrivò dall’Austria il “Calcione” Komtesse von Gastuna, nacque l’alba della nostra storia moderna.
Quella prima fattrice segna l’avvio dell’allevamento forse più conosciuto al mondo nella storia della Razza. E quando, nel 1958, la Marchesa Lotteringhi della Stufa fu nominata Presidente del Circolo, le sorti e la fama dei Piccoli Levrieri Italiani, del “Calcione” e del Circolo stesso presero a legarsi inscindibilmente l’una all’altra, per circa trent’anni.
Dobbiamo all’intransigente fermezza, talvolta impopolare, di quella donna altera e tenace, le grandi battaglie sulla statura, l’andatura e l’unicolore. Il Suo rigore e la sua risolutezza hanno guidato il trasferimento della Razza dal nono Gruppo della “Compagnia” al decimo dei “Levrieri”, come di diritto. Con la stoffa di un autentico condottiero e la costante pertinacia di chi persegue un sogno, quella sottile donna dall’ineguagliata competenza, con veemente energia firmò la “vittoria sulle tenebre” del levriero sportivo ed atletico sul nanetto fragile e tremante.
Con la Sua scomparsa, nel 1990, si chiudeva un Grande capitolo della nostra storia, ma grazie all’oneroso impegno e agli sforzi di chi Le è succeduto, il Circolo ha proseguito il suo cammino mantenendo il passo coi tempi.
In ordine cronologico i Sigg. Aldo Cerletti, Paola Martini, Alberto Lamperti, Nicola Caricaterra fino all’attuale Presidente Agnese Spaziani, hanno messo a disposizione le loro qualitàper guidare il Circolo del Piccolo Levriero Italiano, offrendo garanzie di impegno, serietàe competenza, ciascuno con il proprio stile. Attraverso il loro lavoro è passato il lavoro di tutti gli allevatori e i Soci che si sono prodigati per conservare e consolidare una preziosissima razza italiana che non ha mai potuto vantare altissimi numeri, ma che sempre punta alla migliore qualità.
Negli anni si è promossa l’attivitàsportiva di questi cani, attraverso una rete capillare di centri per l’addestramento al coursing e racing, con risultati che ci vedono piazzati a livello europeo e mondiale, è aumentato notevolmente il numero degli allevamenti riconosciuti ENCI o ancora amatoriali ed i cuccioli attualmente registrati al nostro Libro Origini oscilla ormai tra i duecentocinquanta ed i trecento in un anno (erano 27 nel 1982). Considerando la notevole facilitàdi viaggiare e comunicare, si sono incrementate anche le possibilità di scambio fra i diversi allevatori europei, il che ha portato naturalmente all’ampliamento del pool genetico cui attingere, alla maggior produzione di cuccioli ed alla conseguente possibilità di presentarli in esposizione.
Le esposizioni cinofile, tra l’altro sempre più numerose e meglio distribuite sul territorio nazionale, sono un veicolo per promuovere le razze pure che l’ENCI tutela e questa è un’altra delle ragioni che hanno visto allargarsi il pubblico di estimatori ed appassionati della Razza, assieme ad una cultura cinofila in evoluzione grazie anche alla stampa specializzata, diffusa al grande pubblico per mezzo delle comuni edicole.
Dal 1991 il Circolo ha istituito un trofeo annuale, Trofeo della Stufa, per il soggetto che somma i più alti punteggi in esposizione, cura un bollettino informativo a diffusione semestrale che raccoglie articoli di veterinari ed allevatori, suggerimenti ed interventi dei Soci, fotografie, disegni e quant’altro sia frutto del coinvolgimento dei soci. Dal 2009 è presente in rete con uno specifico sito web che informa sulle conoscenze di base, sui risultati di esposizioni e gare di corse e coursing e ne pubblicizza gli appuntamenti.
Il Circolo gestisce, inoltre, almeno sei fra Speciali e Raduni, in un anno, valevoli per la proclamazione del Campionato italiano, nominando per di più, una volta l’anno, un Campione Sociale rispettivamente per maschi e femmine.
Il Piccolo Levriero Italiano è una Razza antichissima, ben consolidata e sostanzialmente sana. Numericamente in ascesa e qualitativamente in miglioramento costante.
A sostegno di queste affermazioni si rileva quanto segue:
1) L’esistenza del Piccolo Levriero Italiano è documentabile dal 3000 a.C. tramite reperti di varia natura, questo assume la sua importanza, testimoniando la robustezza di un cane millenario le cui caratteristiche psicofisiche ed attitudinali restano pressoché immutate da secoli;
2) La Razza, anche se non tra le più diffuse, è ben fissata attraverso un patrimonio genetico sempre più facile da ampliare, non solo con nuove pratiche veterinarie, ma anche per la maggior facilità di comunicazione sia telematica, per i contatti e le informazioni, che per i trasporti comodi e veloci;
3) La Società specializzata si è impegnata a testare i diversi soggetti per le patologie oculari a carattere ereditario ed allo stato attuale, dopo aver raccolto numerosi dati, può con soddisfazione affermare che i Piccoli Levrieri Italiani ne sono esenti. Stesso principio si adotterà per accertare anche le patologie più comuni, laddove ciò fosse scientificamente verificabile. Molte delle comuni patologie ereditarie che colpiscono più diffusamente alcune razze canine appaiono, allo stato, lontane dai Piccoli Levrieri Italiani che sono cani longevi in cui accoppiamento naturale, cicli estrali, parto e cura della prole non presentano difficoltà, salvo rarissime eccezioni. Così come la spiccata sessualità dei maschi non richiede monte artificiali;
4) Da un punto di vista numerico il PLI non ha avuto rischiosi repentini balzi in avanti, ma è andato costantemente crescendo nei numeri tanto da passare, dai 25 soggetti mediamente registrati negli anni Ottanta del Novecento, agli attuali 288 iscritti nel 2013. In un lento ma inesorabile crescendo, si è dunque passati dal rischio d’estinzione, ad essere, per numero, la seconda razza più rappresentata del gruppo X;
5) La qualità morfo-strutturale media della Razza è in miglioramento. Come per il numero anche la qualità ha richiesto tempi di ritocco dilatati, ma, pur con gli ovvi distinguo, è in netta elevazione.
Per la tutela del risultato qualitativo si richiede un controllo accurato soprattutto per: