E' l’erede del Molosso Romano, il cane guardiano dell’accampamento dei legionari, combattente nel circo con le fiere, cacciatore della grossa selvaggina. Figlio dei molossi da guerra delle popolazioni sumeriche e mesapotamiche, degli Assiri di Alessandro Magno. A loro volta da ricondurre al Mastino del Tibet. Difficile seguirne l'evoluzione passo passo; certo è che il Padre della razza, Piero Scanziani, quando vide per la prima volta il Mastino all'esposizione di Napoli nel 1946, scrisse: ”Lo riconobbi all'istante, era uno dei cento che Paolo Emilio il Macedone aveva portato a Roma nel suo trionfo, era il gran cane d’Epiro ...dall’alto dei suoi secoli, mi fissava imperturbabile, occhi non ostili e non gentili, sguardo che non da e non chiede, rimira (...)".
Scanziani si batté per il riconoscimento ed elabora il primo Standard della razza, ufficialmente riconosciuta nel 1949. Molossoide di grande taglia, guardiano per eccellenza della proprietà, ma anche delle persone, è di struttura potentissima, maestosa e statuaria, non conosce la paura. Il carattere non è, tuttavia, aggressivo senza ragione; anzi, equilibrato e riflessivo; intelligente, addestrabile, molto fidato e franco, il suo attacco e straordinariamente rapido. Pesante, rettangolare, muove in modo un po' felino, dinoccolato, la pelle è abbondante e lassa; la testa è unica, ricoperta da rughe e pliche che gli conferiscono la tipica espressione.
(Si ringrazia Alberto Marengoni per il disegno)
Codice FCI | 197 |
Gruppo | 2 - CANI DI TIPO PINSCHER E SCHNAUZER- MOLOSSOIDI E CANI BOVARI SVIZZERI |
Sezione | 2 - MOLOSSOIDI |
Tipo | TIPO MASTINO |
Da Le razze Italiane Editore ENCI 2001
Maestoso nella sua apparenza, rustico nella sua tipicità, arcaico nel suo fascino. Patrimonio zootecnico della cinofilia italiana, la sua storia accompagna quella della razza caucasica nelle sue migrazioni. La Mesopotamia lo vede in effige su una fibula, maestoso, leonino, al fianco del suo compagno di avventura dominato dall’ imponenza del molosso. È sulle navi fenice che trasferiscono mercanzie dalle rive del Mediterraneo. Grossi “pugnaces”, cani da guerra rinsanguati con i feroci cani dei Celti, sbarcano in Occidente per combattere nei circhi e nelle arene romane. Sono i molossi, indomiti e coraggiosi di grande possanza da adibire alle caccie, alle guerre, alle lotte con le fiere perché il popolo vuole il sangue che macchia l’arena. “Cave canem”, attenti al cane, come ci riporta Columella nel “De re rustica” e deve essere “di manto scuro e di taglia forte con grosse mandibole e pelle spessa”.
È il Mastino ora identificato con “massatinus”, cioè guardiano. Cuma, Pozzuoli, Sperlonga, siti delle ville patrizie dove diviene cane da corte, largo, poderoso, con arti corti e forti, testa imponente. Il “perro de presa” della corte borbonica si innesta con il sangue del Mastino mediterraneo, la mandibola potente e forte, le labbra spesse, il collo taurino. Il gruppo della reggia di Caserta sul marmo della fontana di Atteone, è già il tipo, c’è la razza. Napoli 1897, un primo profilo ben inciso del molosso dal volume “Cani” rappresenta un arsenale di forza appropriato a combattere con gli animali feroci. Ha l’impressione superba e orgogliosa e si rivela in ogni caso affezionato al padrone. Quando questi glielo ordina, attacca e sbrana, tutto è compiuto in un batter d’occhio.
La descrizione del carattere è preziosa per precisazione dell’utilizzo del cane. Ancora cita il Tecce autore: “a Napoli è il compagno del camorrista al quale accresce la fierezza nella spoliazione dell’innocente”: straordinario questo passaggio! Non è disadatto alla guardia della mandria, avendo l’abilità di restituire alla calma anche il toro stizzito; approfitta del momento favorevole per addentarlo alla bocca e lo lascia quando ha la certezza che Laminale infuriato cede alle sue imposizioni. Linguaggio arcaico che descrive perfettamente la versatilità dell’utilizzo anche nella mandria, con un tipo più alto e leggero del cane da corte con testa meno ricca: quante cucciolate nel passato presentavano insieme le due tipicità!
Carattere È un lottatore senza paura e senza biasimo, che si batte con l’orso e con il toro, col lupo, col cane ordinario e finanche con l’assassino: vero Ercole che, confidando nella sua forza, rifiuta e spregia l’agguato, attacca sempre di fronte e senza esitazione, atterra l’avversario e si contenta di tenerlo semplicemente inchiodato al suolo. È generoso con i bambini e con i piccoli cani, non gli piace attaccare briga senza ragione, ma se è provocato, guai all’imprudente, ché il cane non lascia offendere la sua dignità. La descrizione è completa ed esauriente, un compagno ideale di grande equilibrio e fedeltà. Nella guardia alla casa ed ai magazzini, alle merci, è il custode più fiero e più geloso, perché preferisce morire prima che sia manomesso quanto affidato alla sua vigilanza.
Il cane ha in generale testa grande, fornita di masseteri che trasformano le mascelle in una grossa tenaglia, la bocca dell’animale sembra costruita solo per mordere e lottare. La fronte è larga e plichettata, solcata nel mezzo, le guance sono prominenti, il naso appiattito, quadrato e breve, ed infine gli arti ben forniti di masse muscolari. La coda è lunga e spessa. Il pelo raso, il manto tra tigrato e il nocciola e il fulvo. Così li incontra Piero Scanziani (nella foto a fianco), grande giornalista, grande cinofilo, a Castel dell’Ovo. Masaniello, Pacchiana, Bufariello, Siento: neri, grigi serpati, è il primo incontro. La creatura antica, il reperto storico che si riaffaccia alla mente come un deja vu di arcaicità, di fascino, di storia.
Un eroe combattente. La razza si affaccia timidamente allo scoperto fuori dai vicoli, dalle masserie dalle volte ad arco, quasi una “domus aurea" di neroniana memoria, ruggiti sordi dietro cancelli di legno che ti invitano a sbirciare pur di anticipare la sorpresa, pur di vedere l’arcano Era il tempo, le foto ne sono testimonianza, che il mastino bisognava ricostruirlo: la testa da uno, il tronco da un altro. Quanta strada percorsa sino a dare omogeneità che solo negli ultimi anni si va ben fissando nelle linee di sangue. Un percorso strenuo, che solo pochi hanno perseverato. Diffusione La razza si è affermata, ha conquistato la cinofilia internazionale, è amata ed apprezzata non solo dai nostalgici emi grati. Associazioni esistono a tutela della razza, in molti Paesi organismi internazionali diffondono immagini e genealogie. La razza è diffusa in tutto il mondo dove viene allevata con passio ne e sacrificio, dal Brasile ai Balcani, dalla Corea al Messico. Un sottile filo viaggia su internet creando comunicazione ed interesse per i discendenti di Guaglione 1°, il Mastino si rinnova nella solidità della costruzione nel rispetto della tipicità antica.
Un equilibrio nel bilanciamento di forza e potenza, di movimento felino e armonia non facile da fissare geneticamente, e per questo è ancor più affascinante allevare o possedere mastini napoletani. La testa unica e dall’espressione inconfondibile dal disegno di rughe che si sono arricchite e modellate anno dopo anno. II mastino napoletano si è trasferito a noi, attraverso i secoli, dimenticando il tempo, conservando intatta la sua maestosità ricca e fluente come il mantello spesso che si raccoglie intorno al capo ed alle spalle come quello di una aristocratica dama del Rinascimento.
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